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  • Lo scrittore Galiano ai maturandi: "Fate esplodere la voce repressa in un anno e mezzo di pandemia
    Un anno scolastico faticosissimo per insegnanti e ragazzi quello che si è chiuso. Per molti le vacanze sono già cominciate. Per i maturandi invece siamo alla vigilia di questo esame di Stato versione Covid, con l'unica prova orale in presenza. Ed è proprio una ragazza all'ultimo anno del liceo scientifico la protagonista dell'ultimo romanzo di Enrico Galiano, in libreria fra qualche giorno con "Felici contro il mondo", edito da Garzanti. D. Nelle prime pagine del libro emerge il peso di Gioia, la protagonista, e dei suoi compagni per questa maturità che diventa una sorta di ossessione per i professori, questo ripetere continuo in classe l'incombere della prova. R. Noi insegnanti usiamo la parola "esame" come una sorta di spauracchio-minaccia che sventoliamo fieri dal primo giorno dell'ultimo anno, nell'illusione che serva a spronare i ragazzi ad impegnarsi di più. In realtà si ottiene questo risultato solo in una minoranza di studenti. Io con la mia classe ho adottato una tecnica: non nominiamo mai la parola "esame" che per noi diventa come Voldemort: il "voi sapete cosa". Ottengo un certo effetto dissacrante. D. Gioia si sente a scuola come i settori deserti delle librerie, come un libro con dentro scritte un sacco di cose, ma che nessuno ha voglia di leggere. Un'immagine molto triste della scuola, che non sa leggere le pagine scritte dentro la testa e il cuore dei ragazzi R. E' forse il tipo di sentimento che più spesso ricevo nei messaggi degli adolescenti. Sono lì ma sembra loro che nessuno li veda. In realtà il loro è un libro interessante. Sono proprio gli adolescenti più silenziosi che hanno più cose da dire. D. L'ansia dell'esame e l'ansia del dopomaturità. Anzi, come la chiama Gioia, la futuransia. Ci sono i liceali che già hanno le idee chiare e sanno già cosa fare dopo. Ma la maggior parte dei ragazzi è come la protagonista del libro: che si chiede come sia possibile che a 18 anni debba decidere cosa fare nella vita quando a malapena riesce a decidere che marca di cereali le piace di più. Forse la scuola dovrebbe comunicare meno futuransia e orientare un po' meglio, aiutarli a scegliere. R. Credo che la domanda: "Cosa vuoi fare da grande" abbia perso il senso che aveva una volta. Fra dieci anni sarà cambiato tutto. La domanda che dovremmo fare ora è; "Cosa vuoi essere". In una società che cambia con questa velocità inchiodarli a delle etichette (banchiere, architetto, pittore) è bluffare sul mondo che c'è là fuori. D. Nel messaggio inaugurale dell'anno scolastico, la protagonista vorrebbe esprimere questo augurio ai suoi compagni: che possa non essere mai un anno così così. Per molti studenti la scuola si traduce proprio in anni così così. Quest'anno ne è stato un fulgido esempio: con la didattica a distanza tanti insegnanti hanno colto la sfida e fatto lavori bellissimi. Tanti altri hanno lasciato i ragazzi marcire davanti ai computer. R. E' difficile quello che facciamo. A volte l'impressione degli studenti è di stare al banco in ore così così, senza passione, senza entusiasmo. Non è un luogo dove trovare se stessi secondo i ragazzi. E questa mi pare un'occasione mancata, un'occasione sprecata. Cerco di dirmelo sempre come insegnante. La protagonista del mio libro mi guarda e mi dice: "Occhio a non diventare un insegnante così così". D. Che augurio possiamo fare a questi ragazzi, che si apprestano ad affrontare la maturità e a tuffarsi poi nel mondo dei grandi, con una cassetta degli attrezzi quest'anno un po' più sguarnita, causa isolamento, causa paura, causa ansia da Covid? R. L'esame è una sfida importante ma non sarà mai l'esame di maturità a dirti se sei maturo. Dentro l'esame non c'è tutto: "Se riesco sono un vincente se non riesco sono un fallito". E' un momento di conoscenza di se stessi, ma non diamo all'esame troppo peso. La seconda cosa da fare è questa: i nostri ragazzi dovranno prendere tutta l'energia che hanno accumulato in questo anno e mezzo di pandemia e che hanno trattenuto, represso, chiuso dentro di loro. Dico ai ragazzi: fatela esplodere questa voce, so che c'è e non vedo l'ora che ci facciate vedere quello che siete.
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  • Simulazione d'impresa in classe per Loris Penserini, Teacher of the Year 2021
    Junior Achievement lo ha incoronato Teacher of the Year, il miglior insegnante dell'anno. Parliamo di Loris Penserini, docente di informatica all'istituto tecnico economico del Polo 3 di Fano. Junior Achievement è un'associazione che ormai da anni affianca gli insegnanti nell'"Impresa in azione", cioè li aiuta a realizzare in classe imprese simulate, che talvolta poi diventano vere imprese, vere start up. "Con la mia classe ho aiutato i ragazzi a creare dei software, delle applicazioni per giochi orientati alla didattica: le materie sono quelle di geografia, matematica, economia, pensate per la scuola primaria e secondaria di primo grado. Il senso è quello della peer education, cioè i miei ragazzi possono aiutare i loro compagni più giovani" - spiega Penserini a "Tutti a scuola".Un modo anche per risvegliare interesse in studenti che la pandemia ha costretto nell'ultimo anno alla didattica a distanza. "Attraverso "Impresa in azione" ho cercato di ridare stimolo alla voglia di partecipazione dei ragazzi, in drastico calo durante la pandemia. Queste attività mettono al centro del progetto i ragazzi, che tornano così ad essere parte attiva della lezione. In questo modo si contrasta anche la piaga sociale dell'abbandono scolastico, piaga che si è aggravata con la crisi Covid. Cerchiamo metodologie didattiche innovative per stimolare i ragazzi e far tornare loro la voglia di restarci a scuola. Si è visto che funziona molto bene portarli in ambiti ambulatoriali, applicando la didattica del learning by doing, cioè dell'imparare facendo. Coworking, fablab, spazi creativi stimolano i ragazzi. Si mettono a disposizione degli studenti macchinari dell'industria e professionisti. Un lavoro utile anche per l'orientamento. Un ragazzo orientato male è infatti un ragazzo che poi ha maggiori probabilità di abbandonare la scuola".Penserini per aggiornare continuamente i suoi metodi didattici studia anche i metodi applicati in altri Paesi. Una possibilità offerta gli insegnanti dai programmi Erasmus a loro dedicati."Si tratta di progetti Erasmus che servono per incoraggiare i docenti a creare fra loro una sorta di contaminazione didattica. Si va a vedere cosa fanno negli altri Paesi e gli insegnanti di altri Paesi vengono a vedere cosa facciamo nelle nostre scuole. Un modo per scambiarsi le best practice, per arrivare tutti ad avere metodologie innovative. Siamo stati al fab lab di Monaco di Baviera, sono stato shadow teacher nelle scuole maltesi. In questo caso ci sediamo assieme ai ragazzi in aula e ascoltiamo, prendiamo appunti e facciamo domande durante le lezioni. Le iniziative europee stanno sempre più permeando la scuola italiana, molti insegnanti approfittano di questi progetti, ma purtroppo in molte scuole non si investe abbastanza in questa direzione".Tempo di esami di maturità, come arrivano i suoi studenti a questo appuntamento? "Sicuramente siamo tutti molto stanchi, ma i ragazzi lo sono più di noi. Penso che i docenti abbiano fatto un lavoro eccelso e i ragazzi non devono preoccuparsi: le modalità dell'esame di Stato sono diverse dal solito, con un'unica prova orale, la commissione composta dai docenti interni. E' stata riconosciuta la difficoltà del momento".
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  • Vacanze studio all'estero più difficili con Covid e Brexit
    Ultimi giorni di scuola, tempo di pensare alle vacanze. E spesso per gli studenti è tempo di pensare a come migliorare la conoscenza della lingua inglese, ormai diventata così importante, anche in vista dell'iscrizione all'università, all'estero o anche in Italia per i corsi che vengono tenuti il lingua. Per tante famiglie è consuetudine mandare i propri figli a studiare d'estate nei Paesi anglo-sassoni. Nel 2019, quindi in tempi preCovid, sono stati 110mila gli studenti italiani che hanno fatto l'esperienza di una vacanza studio all'estero, fra viaggi individuali e gruppi guidati. L'Italia è il primo mercato per le vacanze studio per il Regno Unito e per gli Stati Uniti. Ma quest'anno un'impresa non semplice, a causa della Brexit e del Covid. "Il nostro riscontro anche quest'anno è di un grande interesse" - racconta a Tutti a scuola, su Radio 24, Vittorio De Paola, referente per l'Italia della Cambridge Assessment English, istituto specializzato nelle certificazioni linguistiche. "L'Italia è un Paese che negli anni ha organizzato tante esperienze di studio all'estero. La pandemia però ha avuto un impatto anche sui viaggi studio. In particolare per la Gran Bretagna restano al momento le restrizioni: ci sono regole che vanno rispettate in base al Paese di provenienza. Il governo inglese ha diramato delle linee guida che prevedono per gli italiani quarantena e doppio tampone. Bisogna informarsi con attenzione presso le strutture ricettive. Molti college si sono attrezzati". La quarantena di fatto rende impossibile la classica vacanza studio di due settimane, anche se quest'anno molte associazioni si stanno organizzando con offerte diverse: soggiorni linguistici in Italia con insegnanti madrelingua, crociere rivolte ai ragazzi con annesso pacchetto di lezioni di inglese. "Il consiglio è di informarsi bene prima di decidere di partire, ma soprattutto di considerare il viaggio studio come un momento che rientra in un percorso più strutturato. Non basta andare all'estero per 15 giorni per imparare l'inglese. Bisogna iniziare da piccoli, procedere step by step e frequentare corsi di lingua tutto l'anno. Il viaggio deve diventare un momento per allenare quanto imparato". Restrizioni Covid, ma anche la Brexit ha complicato le cose. "La Brexit ha reso più articolato l'accesso nel Regno Unito anche per motivi di studio. E' stato introdotto un sistema a punti per ottenere il visto. Nello specifico bisogna ottenere 70 punti, 10 dei quali vanno raggiunti dimostrando una competenza linguistica B2, che va attestata con una certificazione linguistica riconosciuta".
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  • Piano estate. Pes, preside Napoli: "Da noi impossibile attivarlo"
    Piano scuola estate. Secondo le anticipazioni del ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi sono stati 5.800 gli istituti che hanno presentato progetti per ricevere i finanziamenti. Entro venerdì scorso le scuole dovevano presentare i progetti, ma molte hanno rinunciato. Fra queste l'istituto comprensivo Russolillo di Napoli. "Io e la mia squadra di insegnanti siamo stati guerrieri in questi 16 mesi di pandemia" - spiega a "Tutti a scuola" su Radio 24, la preside del Russolillo, Daniela Pes. "Per 16 mesi non ci siamo fermati un secondo e i ragazzi non li abbiamo mollati un attimo. Quindi sentirci dire: recuperiamo in estate ciò non è stato fatto da noi non funziona. Abbiamo chiesto e ottenuto l'impossibile e anche in questa occasione abbiamo chiesto i finanziamenti PON, che attiveremo senz'altro, ma da settembre. In estate è impensabile. - Eppure alcune scuole sono riuscite. Perché da voi no? - Tante le ragioni, a cominciare dalle segreterie decurtate di personale. Noi abbiamo 5 assistenti amministrativi (non tutti di ruolo). A giugno e luglio ne rimangono tre, che ad agosto andranno in ferie. Sono da 14 anni a Pianura, senza direttore amministrativo: da sola dirigo tutto. In una realtà come la nostra dove si ha piacere a tenere a scuola i ragazzi anche in questo momento, bisogna rafforzare le scuole, aiutare i dirigenti che vogliono lavorare. Io non mi sono fermata davanti a nulla, però vado avanti da sola da 14 anni. In questo momento storico inoltre sia i prof che le famiglie sono abbastanza stanchi, dopo un periodo di lavoro 24 ore su 24 per 16 mesi. Questo è un territorio ad alta dispersione, noi abbiamo tenuto sott'occhio i ragazzi tutto l'anno, ora ci sarebbe bisogno che ci pensasse chi non ci ha pensato tutto l'anno. E poi vorremmo sapere a settembre come ricominciamo: i tracciamenti chi li farà durante l'estate? - Un quartiere difficile quello su cui insiste la scuola Russolillo. Non c'è il rischio che i ragazzi finiscano per strada? Ragazzi che peraltro - lo dicono diversi studi - al sud hanno perso più ore di scuola e hanno avuto un maggior numero di ore in didattica a distanza. - Nella mia scuola sono venuti tutti, abbiamo rincorso gli studenti uno per uno e abbiamo ottenuto il cento per cento di presenze scolastiche in una regione che è stata purtroppo maggiormente a distanza. Ma non ci possiamo prendere noi la responsabilità che in estate facciano altro. Deve pensarci la comunità nel suo complesso. E poi neanche le famiglie si sono mostrate interessate. I ragazzi hanno bisogno di fare altro in questo momento, così come le famiglie che sono state vicine ai loro figli per tutto l'anno. Anche in passato, quando abbiamo provato a coinvolgere i ragazzi in attività estive, fino al 30 giugno sono sempre venuti. Poi qui non è un problema di mare, ma le aule non sono climatizzate e fa veramente caldo, così come nei cortili assolati.
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  • Cerotti in faccia. La protesta degli studenti nella scuola ferita dalla pandemia
    La Puglia è tornata in zona gialla, ma nulla cambia nelle scuole pugliesi, dove resta la possibilità per le famiglie di scegliere la didattica a distanza per i loro figli fino alla fine dell'anno scolastico, come previsto dall'ordinanza del presidente della Regione, Michele Emiliano."Nella nostra scuola le famiglie sono divise: abbiamo classi con la metà degli alunni in presenza, classi con tutti i ragazzi in presenza e classi con tutti gli studenti in dad" - racconta a Tutti a scuola su Radio 24 Lucia Suriano, insegnante dell'Istituto comprensivo Don Bosco Manzoni di Andria. "A novembre questa organizzazione per noi insegnanti è stata devastante, ora la resilienza ci ha aiutato".Per i ragazzi di terza media si avvicina il tempo degli esami, previsti in presenza, con la presentazione di un elaborato da parte degli alunni. Come si stanno preparando i suoi alunni?"I ragazzi sono agitati, hanno poca dimestichezza con questa modalità di esame, con l'elaborato e con la costruzione dei collegamenti. Non è facile per loro capire che non devono solo riempire l'elaborato di contenuti, ma devono far capire quali sono le competenze acquisite, devono saper collegare i vari argomenti. Questa è la vera difficoltà".La scorsa settimana un insegnante di disegno e storia dell'arte del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Treviso, Fabio Sandrini, ha raccontato quanto successo nella sua scuola. Entrando in classe ha trovato i suoi studenti di una classe di quarta con dei cerotti in faccia: chi sotto gli occhi, chi sulla fronte, chi vicino alle labbra. Una performance di body art preparata dagli studenti dal titolo "Una ferita invisibile agli occhi". Un cerotto per comunicare in maniera molto potente il loro disagio di fronte a questo anno di pandemia. Il professor Sandrini ha preso un cerotto e se lo è messo sul viso, per dimostrare vicinanza e partecipazione. Lei un mese fa ha fatto una cosa simile: di fronte alle immagini di ragazzi bendati per affrontare un'interrogazione in dad, ha voluto mettersi lei una benda sugli occhi e fare un'intera lezione così. "Anche io avrei messo il cerotto di fronte a quei ragazzi. La mia esperienza della benda sugli occhi è stata molto forte. La mia era una provocazione per far vedere agli studenti che mi stavo mettendo in gioco. E loro, senza che li sollecitassi, mi hanno tirato fuori il discorso sulla fiducia, che hanno percepito molto chiaro. Lo rifarei e oggi metterei anche il cerotto, perché le ferite sono vere, tutta la scuola è ferita e da molto tempo. Abbiamo fatto finta di non vederle queste ferite, ma siamo tutti feriti: insegnanti, famiglie e genitori".Lei ha scritto un libro: "Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice". Come si può fare della scuola in questo momento un luogo felice? "La felicità in questo momento è guardarci negli occhi e saperci leggere negli occhi. E' molto importante ora la nostra competenza empatica di docenti".Il ministro Bianchi promette: settembre tutti in classe. Saremo pronti? Avremo risolto il problema dei trasporti e del tracciamento dei contagi? "La vedo dura. Mi auguro che il Ministero faccia tesoro della débacle di questo anno e sia pronto per settembre. Il mio sdegno ha un figlio che si chiama speranza".
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Scuole che chiudono, ma anche scuole che resistono e si inventano nuovi modelli didattici. Una scuola tutta da raccontare quella della pandemia. Ogni lunedì, dalle 9.30, all'interno di "Uno, nessuno,100Milan", uno spazio curato da Maria Piera Ceci. Testimonianze ed esperti per dare voce ai protagonisti del mondo della scuola.
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