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  • Roma, 12 maggio 1977
    Il 12 maggio 1977 una ragazza di 18 anni viene uccisa a Roma da un colpo di pistola mentre sta scappando da una carica della polizia. Di quell’omicidio ci sono molti testimoni, si fanno varie ipotesi, ma non si arriverà mai a un processo. La ragazza si chiamava Giorgiana Masi. Per il 12 maggio 1977 viene indetta una manifestazione del Partito Radicale per celebrare l’anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio di tre anni prima. Ma le forze dell’ordine, anche in borghese, cercano di impedire la manifestazione e di disperdere le persone. Qualcuno spara. Ci sono dei feriti, un poliziotto e una donna. E poi c’è Giorgiana Masi, che viene colpita da un proiettile alla schiena, e muore in ospedale. Vengono avanzate diverse ipotesi sull’accaduto: quella del fuoco amico, sostenuta inizialmente anche da Francesco Cossiga che allora era ministro dell’Interno; quella di un colpo sparato accidentalmente dalle forze dell’ordine; e infine l’ultima, la più inquietante, quella di un atto deliberato nell’ambito della cosiddetta strategia della tensione. Anche quella delle proteste studentesche è una delle grandi vicende della storia italiana, che Altre Indagini racconta con gli stessi approcci e rigori applicati alle storie di cronaca nera di Indagini. Le storie di Altre Indagini sono disponibili sul sito e sull’app del Post per le persone abbonate: un modo per ringraziarle per la loro partecipazione al progetto del Post, che fa sì che il Post possa continuare a fare il suo giornalismo in modo gratuito per tutte e tutti. Se vuoi ascoltare Altre Indagini, abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    6:41
  • Terrazzo (Verona) – 1993-1994 – Prima parte
    Nei primi anni Novanta, alcune ragazze scomparvero nella zona del veronese. Erano quasi tutte originarie dell’est Europa e per vivere si prostituivano. Una di loro era tossicodipendente. Non ci furono grandi ricerche per ritrovarle. Un giorno, nei terreni appartenenti a una famiglia di Torrano, frazione di Terrazzo, vennero casualmente scoperti i resti di una giovane donna. Non si riuscì a risalire a un nome, né alla causa della morte. Il figlio del proprietario di quei campi era stato arrestato per aver sequestrato e violentato una ragazza. Stava per essere posto agli arresti domiciliari. Si chiamava Gianfranco Stevanin. A casa sua vennero trovate migliaia di foto di donne, schede che le descrivevano, buste contenenti capelli e peli pubici, i documenti di due ragazze. Fu sospettato di aver ucciso la ragazza ritrovata nei suoi campi ma anche di aver assassinato le due ragazze a cui appartenevano quei documenti. Le indagini furono lunghe e complicate, incentrate soprattutto sulla ricerca di altri corpi, forse sepolti in quei campi. Stevanin negò prima ogni responsabilità, poi iniziò ad ammettere qualcosa ma lo fece parlando di sogni, visioni, cambiando spesso versioni, centellinando rivelazioni o presunte tali. Ammise di aver sepolto quei corpi ma disse che quelle donne erano morte di morte naturale. Alla fine furono scoperti quattro corpi di giovani donne, a una di loro non si è mai potuto dare un nome. Un’altra ragazza, sicuramente assassinata, non è mai stata ritrovata. Al processo si discusse molto di una lesione al lobo frontale riportata da Stevanin quando aveva 16 anni, in seguito a un incidente in motorino. Secondo i periti della difesa quella lesione aveva comportato una totale o parziale incapacità di intendere e di volere. Gli stessi giudici, nei vari gradi di giudizio, diedero interpretazioni diverse. È rimasto il sospetto, dopo tanti anni, che non tutto sia stato scoperto e che le vittime possano essere state di più di quelle effettivamente accertate. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    45:26
  • Terrazzo (Verona) – 1993-1994 – Seconda parte
    Nei primi anni Novanta, alcune ragazze scomparvero nella zona del veronese. Erano quasi tutte originarie dell’est Europa e per vivere si prostituivano. Una di loro era tossicodipendente. Non ci furono grandi ricerche per ritrovarle. Un giorno, nei terreni appartenenti a una famiglia di Torrano, frazione di Terrazzo, vennero casualmente scoperti i resti di una giovane donna. Non si riuscì a risalire a un nome, né alla causa della morte. Il figlio del proprietario di quei campi era stato arrestato per aver sequestrato e violentato una ragazza. Stava per essere posto agli arresti domiciliari. Si chiamava Gianfranco Stevanin. A casa sua vennero trovate migliaia di foto di donne, schede che le descrivevano, buste contenenti capelli e peli pubici, i documenti di due ragazze. Fu sospettato di aver ucciso la ragazza ritrovata nei suoi campi ma anche di aver assassinato le due ragazze a cui appartenevano quei documenti. Le indagini furono lunghe e complicate, incentrate soprattutto sulla ricerca di altri corpi, forse sepolti in quei campi. Stevanin negò prima ogni responsabilità, poi iniziò ad ammettere qualcosa ma lo fece parlando di sogni, visioni, cambiando spesso versioni, centellinando rivelazioni o presunte tali. Ammise di aver sepolto quei corpi ma disse che quelle donne erano morte di morte naturale. Alla fine furono scoperti quattro corpi di giovani donne, a una di loro non si è mai potuto dare un nome. Un’altra ragazza, sicuramente assassinata, non è mai stata ritrovata. Al processo si discusse molto di una lesione al lobo frontale riportata da Stevanin quando aveva 16 anni, in seguito a un incidente in motorino. Secondo i periti della difesa quella lesione aveva comportato una totale o parziale incapacità di intendere e di volere. Gli stessi giudici, nei vari gradi di giudizio, diedero interpretazioni diverse. È rimasto il sospetto, dopo tanti anni, che non tutto sia stato scoperto e che le vittime possano essere state di più di quelle effettivamente accertate. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    58:06
  • Napoli - 30 ottobre 1975 - Prima parte
    Poco dopo le 23 del 30 ottobre 1975 i componenti di una famiglia che abitava a Napoli,in via Michelangelo da Caravaggio, vennero assassinati. Furono uccisi Gemma Cenname, suo marito Domenico Santangelo e Angela Santangelo, la figlia che l’uomo aveva avuto da un primo matrimonio. Vennero colpiti prima con un oggetto contundente, probabilmente una pesante statuetta, e poi con un coltello, che non vennero mai trovati. La procura di Napoli indagò soprattutto un parente delle vittime: Domenico Zarrelli, nipote di Gemma Cenname. Alcune possibili piste investigative alternative furono allora sottovalutate. Zarrelli, difeso dal fratello avvocato, fu arrestato e processato. Venne condannato all’ergastolo in primo grado, poi assolto in appello per insufficienza di prove, formula allora in vigore. La Corte di Cassazione fece rifare il processo d’appello: Zarrelli fu assolto con formula piena, la sentenza fu poi confermata dalla Cassazione. L’uomo aveva trascorso in carcere cinque anni. Nel 2011 la procura di Napoli ha riaperto il fascicolo sull’omicidio ordinando esami scientifici su alcuni oggetti repertati all’epoca nella casa dove era avvenuto l’omicidio, in particolare uno strofinaccio e alcuni mozziconi di sigaretta. Sui reperti vennero trovate tracce di Dna sconosciuti e una traccia invece compatibile con quello di Zarrelli. Ci furono però molte polemiche su come quei reperti erano stati conservati e su come il Dna era stato confrontato con quello di una persona già assolta in via definitiva. Nel 2015 la procura ha archiviato la nuova indagine. Il triplice omicidio di via Caravaggio è un delitto insoluto. Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, ⁠abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    46:22
  • Napoli - 30 ottobre 1975 - Seconda parte
    Poco dopo le 23 del 30 ottobre 1975 i componenti di una famiglia che abitava a Napoli,in via Michelangelo da Caravaggio, vennero assassinati. Furono uccisi Gemma Cenname, suo marito Domenico Santangelo e Angela Santangelo, la figlia che l’uomo aveva avuto da un primo matrimonio. Vennero colpiti prima con un oggetto contundente, probabilmente una pesante statuetta, e poi con un coltello, che non vennero mai trovati. La procura di Napoli indagò soprattutto un parente delle vittime: Domenico Zarrelli, nipote di Gemma Cenname. Alcune possibili piste investigative alternative furono allora sottovalutate. Zarrelli, difeso dal fratello avvocato, fu arrestato e processato. Venne condannato all’ergastolo in primo grado, poi assolto in appello per insufficienza di prove, formula allora in vigore. La Corte di Cassazione fece rifare il processo d’appello: Zarrelli fu assolto con formula piena, la sentenza fu poi confermata dalla Cassazione. L’uomo aveva trascorso in carcere cinque anni. Nel 2011 la procura di Napoli ha riaperto il fascicolo sull’omicidio ordinando esami scientifici su alcuni oggetti repertati all’epoca nella casa dove era avvenuto l’omicidio, in particolare uno strofinaccio e alcuni mozziconi di sigaretta. Sui reperti vennero trovate tracce di Dna sconosciuti e una traccia invece compatibile con quello di Zarrelli. Ci furono però molte polemiche su come quei reperti erano stati conservati e su come il Dna era stato confrontato con quello di una persona già assolta in via definitiva. Nel 2015 la procura ha archiviato la nuova indagine. Il triplice omicidio di via Caravaggio è un delitto insoluto. Ogni due mesi c’è Altre Indagini: altre storie di Stefano Nazzi per le persone abbonate al Post. Per ascoltare Altre Indagini, ⁠abbonati al Post. Learn more about your ad choices. Visit megaphone.fm/adchoices
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    51:29

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Tutto quello che è successo dopo alcuni dei più noti casi di cronaca nera italiana. Una storia ogni mese, il primo del mese. Un podcast del Post, scritto e raccontato da Stefano Nazzi.
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